Alberto Meli
26 agosto 1921 – Alberto Meli nasce a Luzzana. I primi approcci alla scultura risalgono al 1933 quando si narra che scolpì una deposizione ricavata da un tronco.
30 luglio 1937 Cresce nel laboratorio di Gianni Remuzzi e scopre i segreti dell’uso della pietra, le sue caratteristiche e come si deve trattare.
1940 – 1946 Partecipa al conflitto della seconda guerra mondiale sul fronte russo, sul fronte italiano in Sicilia e infine prigioniero degli angloamericani in Inghilterra. Qui scolpisce alcune opere e tra queste il busto dell’autoritratto, come egli racconta, realizzato unicamente con una semplice lametta da barba.
1947 – 1953 Frequenta l’Accademia Carrara dove incontra valenti maestri tra i quali Achille Funi. Ancora allievo ha la prima affermazione. Partecipa al concorso di pittura e scultura Città di Bergamo, ottenendo con una testa di bimbo il premio Italcementi.
Premio Biennale alla permanente di Milano. Primo premio alla Rassegna d’arte a Milano. Ottiene il personale riconoscimento di Paolo Candiani presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Brera, che in una lettera definisce quella del Meli “Arte semplice e sana che si ricollega alle nostre più belle tradizioni”. Riceve il premio Diomira a Milano.
Con l’intento di intraprendere nuove strade nel 1955 si trasferisce a Locarno in Svizzera nell’atelier di Remo Rossi. Incontra diversi artisti, tra i quali Fischer, Richter, Beninger, Probst, Max Bill, Valenti e soprattutto Hans Jean Arp, del quale dal 1957 al 1965 diventa il primo collaboratore.
Nell’esperienza di collaborazione con Arp, raccoglie le sue sollecitazioni per incominciare un proprio percorso e immediatamente ottiene elogi e inviti a continuare con quello stile “decisamente geniale” come appare in “Enigma”.
1965 Alle fornaci di Cunardo (Varese) partecipa per volontà di Jean Arp ad una mostra collettiva dove erano presenti Rossi, Richter, Guttuso, Cantatore, Borlotti e lo stesso Arp.
1965 Torna nel suo paese natale e inizia a produrre in proprio, sperimentando l’uso di materiali diversi: pietra, marmo, piombo, bronzo, legno, materiale sintetico e di recupero. Mette in atto le esperienze acquisite, alternando opere figurative, maggiormente richieste dal mercato, a opere astratte che sente maggiormente in sintonia con la sua sensibilità artistica. L’arte figurativa raggiunge episodi di intenso spessore umano, psicologico e fortemente spirituale. L’arte astratta spazia, oltre le realtà contingenti, in un mondo fantastico e marcatamente simbolico, alla ricerca di sempre nuove forme espressive e di emozioni intense.
23 dicembre 2003 Nella sua casa di Luzzana, Bergamo, il Maestro ci lascia.
Alberto Meli nell’intervista rilasciata a Giusy e Andreino Ghilardi nel febbraio 1979.
INTERVISTA
D: Quanti anni ha?
Sono nato a Luzzana il 26 agosto 1921.
D: Che scuole ha frequentato?
Le prime tre elementari, l’avviamento e 7 anni di Accademia Carrara.
D: Come è nata la sua passione per la scultura?
Credo che la mia passione per l’arte sia nata contemporaneamente al primo vagito.
D: È facile la vita dello scultore?
Direi di si; ma sono più lunghi i no.
D: Quali sono le tappe più importanti della sua vita?
La più importante fu quando ebbi il primo premio, nel 1950, nella migliore rassegna d’Arte a Milano, a fianco di Marino Marini, di Manzù e di altri artisti importanti. Ci fu una grande contestazione fra critici d’arte che fece parlare in mio favore molti giornali e riviste d’arte.
D: Qual è stata la sua prima opera?
Scolpii a 9 anni una deposizione in legno di m. 1,20, che miei amici portavano di casa in casa durante la settimana di Pasqua. Si rimediava un soldino qua, un soldino là (elemosina), per un po’ di caramelle da mangiarsi insieme.
D: Come mai si è fatto emigrante?
Per esigenza di farmi una più vasta cultura sull’arte contemporanea.
Ho avuto così la fortuna di collaborare per 12 anni con Jan Arp, il più grande scultore contemporaneo. In quella occasione ho potuto conoscere tutti i migliori artisti di fama internazionale.
D: Ai suoi paesani ha donato il “sorprendente grande Crocifisso in castagno” (1964), “14 episodi della Via Crucis” (1968) e “il mistico bronzo di S. Antonio Abate”, per la Cappella in Valle (1978), “l’ostensorio della creazione”, ha in programma qualche altro lavoro per la sua Luzzana?
Non si sa mai, può anche darsi.
D: Quante opere ha eseguito fino ad ora?
Di preciso non lo so, diciamo varie centinaia.
D: Qual è l’opera che ama di più?
Per essere sincero ho un tremendo dubbio. Comunque sono mie creature e più o meno le amo tutte.
D: In quali stati sono distribuite le sue opere?
In terra un po’ ovunque, (in ogni buco). Mancano in cielo. Dio non accetta materia.
D: Può parlarci un po’ della sua famiglia?
Non vorrei lasciarmi prendere dalla vanità, ma è meravigliosa. Vorrei che così fossero tutte le famiglie del mondo.
D: I suoi programmi futuri quali sono?
Sono tanti. Io non vorrei mettere limiti, ma sono tanti anche gli anni.