Le avanguardie di inizio 900
La vicenda artistica del Novecento si apre con la ricerca sistematica di nuove forme stilistiche e di nuove modalità tecniche ed esecutive che soppiantino la vecchia struttura accademica e proseguano, radicalizzandolo e portandolo a più estreme conseguenze, il tentativo di rinnovamento operato negli ultimi decenni del secolo precedente a partire dalla “rivoluzione” impressionista. Ad operare questa ricerca sono le correnti artistiche raggruppate spesso sotto l’etichetta di “Avanguardie”: dal Cubismo di Picasso e Braque, al Futurismo di Boccioni e Balla, dal “Blaue Reiter” di Kandiskij al Suprematismo di Malevitch, dal Dadaismo al Surrealismo…
Si tratta in ogni caso del tentativo, tipicamente europeo, di continuare a perseguire e approfondire il valore gnoseologico dell’arte. L’arte è vista quindi come mezzo e modo per conoscere meglio il mondo e la realtà tutta (sia interiore che esteriore). Non importa se poi le varie “avanguardie” propongono percorsi e metodi diversi: da quello razionale a quello cartesiano del Cubismo a quello intuizionistico del Futurismo, dalle esperienze spiritualistiche che caratterizzano buona parte delle poetiche dell’Astrattismo fino all’irrazionale e al fantastico di dadaisti e surrealisti.
Contro questa visione innovatrice dell’arte si collocano tutte quelle esperienze artistiche che, in modo più o meno approfondito, si pongono come prosecuzione delle grandi esperienze artistiche classiche e presentano spesso una valenza naturalistica. Ed è proprio al punto di incontro tra queste due posizioni, a prima vista così contrastanti, che si colloca l’opera del Meli. Se la sua prima formazione ha un basilare riferimento nei valori riconducibili agli aspetti formali e plastici della migliore e più valida tradizione “accademica”, per il successivo sviluppo e approfondimento della sua pratica risulta fondamentale l’incontro con l’ambiente culturale svizzero e in particolare con la poliedrica figura di Hans Jean Arp, del quale Meli sarà per anni il più stretto collaboratore.
Arp (nel 1915 aveva realizzato le sue prime opere astratte) è stato uno dei fondatori e degli animatori del movimento dadaista. Ed è proprio in quel periodo della Prima Guerra Mondiale, che l’artista di Strasburgo sperimenta i suoi primi rilievi policromi dai quali svilupperà in seguito una scultura di forme “organiche”, spesso evocatrici delle più nascoste e recondite forze naturali. L’opera di Arp, sempre tesa alla scoperta di una grande purezza formale, evolve in una sorta di procedimento che richiama quello della natura, tanto da far scrivere allo stesso artista: “… Vogliamo produrre come una pianta che produce un frutto, e non riprodurre”.
Il poeta rumeno Tristan Tzara scrive, pensando all’amico Arp: “L’artista è un creatore se elabora una forma che diventa organica”.
In questa sua ricerca tra organicità ed astrazione Arp, tuttavia, non si ferma certo qui, tanto che egli si avvicinerà anche, con taglio del tutto personale, alla poetica irrazionale e onirica del Surrealismo e, fondatore del goliardico e dissacrante Dadaismo, nonché fautore di un ritorno dell’artista nella sfera dell’istintualità, arriverà perfino a collaborare a lungo ed attivamente con i razionalisti olandesi di “De Stijl” e dell’ambiente “neoplastico”. Dal vecchio Arp, Meli ha saputo prendere sicuramente questo senso di continua ricerca formale e, nello stesso tempo, interiore, senza tuttavia mai rinunciare al suo bagaglio culturale precedente, anzi fondendo spesso in modo assai fecondo i due campi, e soprattutto mai rinunciando ad essere pienamente se stesso. Anzi, tornato in Italia, Meli continuerà la sua personale ricerca, dandole un valore sempre più spirituale e simbolico e nello stesso tempo approfondirà il suo senso religioso della vita. Ancora oggi il nostro artista approfondisce negli elementi e negli oggetti più semplici e più comuni l’insegnamento più profondo e riesce ancora, cosa non facile, a guardare il “mondo con gli occhi incantati e pieni di riconoscente stupore di un bambino, ma d’altra parte «…se non tornerete come bambini…»”.
Prof. Riccardo Panigada. Tratto dal volume: Alberto Meli scultore di Felice Bellini – Valter Pinessi – Antonio Pesenti – Giulio Gabanelli